sabato 25 maggio 2019

Padre Mario Vergara missionario ed educatore

1937 - P. Mario Vergara in Birmania

Nel luogo letterario della comunicazione dei risultati di una ricerca di storia locale, realizzata qualche anno fa e pubblicata in parte sul periodico Progetto Uomo collegato alla Parrocchia dell’Assunta, ho dato delle indicazioni circa la persistenza secolare di un certo modello pedagogico frattese. Un modello che si può agevolmente delineare e coerentemente descrivere allo stesso modo di altri e tanti modelli (autori, filosofie, didattiche e scuole) famosi e teorizzati nello studio e nella storia delle Scienze dell’educazione. Questo modello avrebbe caratteristiche e valori rapportati all’etica, alla vita civile e alla vita religiosa, ed esprimerebbe una paideia particolarissima ed esemplare che vale per la conoscenza, per la ricerca, e per l’esperienza della fede cristiana. Ciò è reso possibile grazie al rilievo storiografico di una vera “cordata di educatori” operante dal ‘700 ad oggi, e che ha rappresentato una idea, una azione, ed una proposta educativa tutta legata al luogo di Frattamaggiore.
L’origine di questa cordata è rinvenibile nell’opera del canonico Michele Arcangelo Padricelli (1691-1764), riformatore degli studi del Seminario di Aversa, che in epoca borbonica fu modello della formazione ecclesiastica per tutto il clero meridionale. Ad essa si agganciano opere educative di molti altri frattesi, tra ‘700 e ‘800, che trovano un culmine significativo nell’opera di Mons. Carmelo Pezzullo (1829-1919) primo Rettore del Santuario dell’Immacolata che ebbe grande influenza sull’intero sistema educativo locale svolgendo anche la funzione civica di assessore all’istruzione pubblica nella Fratta post-unitaria.
Le esperienze del XX secolo si legano sempre all’opera di ecclesiastici con il carisma della educazione giovanile: il parroco del Redentore Sosio Vitale (1884–1918) e i vescovi Nicola Capasso (1886-1968) e Federico Pezzullo (1890-1979) che furono anche rettori del Seminario di Aversa; e ancora il sacerdote Nicola Mucci (1893-1973) che estese la sua opera di pastorale educativa fondando e dirigendo l’Istituto-Convitto Sacro Cuore dedicato agli studi ginnasiali e liceali di tutto il territorio.
Le espressioni più recenti di questa cordata di educatori frattesi si identificano sicuramente nelle iniziative a modello ‘oratoriano’ realizzate a favore dei giovani nell’epoca della transizione economica, sociale e culturale della città, dagli anni ’60 ad oggi.
Il progetto dell’educazione giovanile, fortemente legato alla tradizione pedagogica cristiana frattese, riappare nell’opera di don Angelo Crispino, che nel periodo concomitante e post-concilio Vaticano II recuperò e ripropose in maniera innovativa, con l’Oratorio Don Bosco, i fondamentali tratti della pastorale giovanile frattese. Instaurando uno stile che venne emulato da una generazione di sacerdoti locali che si interessò dei problemi della trasformazione sociale e della formazione dell’identità cristiana dei giovani; e che porta ancora i suoi frutti e ancora si irradia dalla parrocchia di M. SS. Assunta, dalle iniziative giovanili delle altre parrocchie locali, e in particolare dal più recente Oratorio di San Filippo Neri fortemente voluto dal Parroco Nicola Giallaurito.
A pieno titolo si può annoverare nella cordata degli educatori frattesi anche padre Mario Vergara (1910-1950) missionario del PIME martire in Birmania (Myanmar) e recentemente beatificato insieme con il catechista Isidoro. Oggi 25 maggio ricorre la loro festa liturgica, e tra le svariate iniziative e commemorazioni svolte a livello frattese e diocesano, con l’intervento ai Primi Vespri in Basilica di San Sossio anche del Vescovo Angelo Spinillo e del Parroco Sossio Rossi, si può aggiungere l’esempio di padre Mario Vergara come Maestro di Metodo Missionario. A questo proposito riporto di seguito il testo pubblicato nel 2007 su Venga il tuo Regno, periodico del PIME.

L’immagine del missionario che nei luoghi lontani ed ostili deve gettare il seme del cristianesimo, alle prese con mille difficoltà e situazioni rischiose ed imprevedibili, e che deve inventare soluzioni intelligenti ed efficaci per poter compiere il suo lavoro apostolico e di assistenza per le popolazioni a lui affidate, è una immagine che ci viene rimandata da una vasta letteratura devozionale, narrativa e giornalistica.
In una nota enciclopedia italiana, pubblicata negli anni ’40 e ristampata in diverse edizioni fino agli anni ’60 (Enciclopedia dei ragazzi, Mondadori) alla voce ‘missioni’ viene descritta una figura del missionario molto significativa. In particolare si tratta della descrizione di un modello di azione evangelizzatrice che si può considerare un consolidato ‘metodo’ di approccio alle genti da parte del missionario; il quale, se un tempo doveva affrontare barriere quasi insormontabili di civiltà, di cultura e di comunicazione, come si legge nell’Enciclopedia: oggi, invece […] trova in generale molte difficoltà spianate dai confratelli che lo hanno preceduto in regioni più o meno vicine a quella a lui assegnata: presso di loro egli può apprendere la lingua del luogo, la psicologia degli abitanti e compiere un primo tirocinio che lo prepari ad affrontare i compiti che presto probabilmente da solo dovrà svolgere.
I primi alleati del missionario che si venga a trovare solo nella zona a lui assegnata saranno i fanciulli e gli ammalati. Con piccoli doni si cattiverà l’amicizia degli uni, con qualche medicina si acquisterà l’animo degli altri. Ma la massa degli indigeni per un lungo periodo di tempo lo guarderà con diffidenza, lo spierà in ogni mossa, finchè dalla vita esemplare da lui condotta, dalla sua generosità e dal suo disinteresse non apprenderà l’elevatezza della religione che lo straniero professa. Curando i malati, accostando i fanciulli, soccorrendo i più poveri, il missionario potrà cominciare l’opera di penetrazione e parlerà ai nuovi amici di un Dio che assume la natura umana per redimerci. Il racconto della Passione di Cristo commuove profondamente i pagani e la loro simpatia passa gradualmente dal missionario al Dio in cui egli crede. L’apostolo può così inoltrarsi sempre più nei misteri della fede, parlare della necessità di
piacere a Dio nell’osservanza dei suoi comandamenti e della sua legge d’amore, far conoscere la Chiesa depositaria della dottrina che egli predica. Frattanto, manovale e ingegnere insieme, il missionario si è costruita una capanna che gli servirà da cappella, e in questa avrà la consolazione di amministrare i primi Battesimi, di celebrare le funzioni liturgiche per i primi convertiti. Il seme della Parola di Dio, fecondato dall’amore e dai sacrifici del missionario, ha dato i suoi frutti.” (Enciclopedia dei ragazzi, Vol. X p. 7136 - 37, Verona 1962).
Nello stendere questa descrizione, il redattore del testo doveva sicuramente avere a disposizione una fonte, o una testimonianza diretta sulla vita missionaria degli anni ’30 –’40. Sicuramente egli si sarà documentato con la consultazione delle riviste missionarie dell’epoca.
E’ sorprendente infatti fare l’esperienza della descrizione dell’azione missionaria tipo proposta dall’Enciclopedia dei ragazzi e rileggere poi le stesse cose in uno scritto autografo che padre Mario Vergara inviò dalla Birmania per la pubblicazione nella rivista del P.I.M.E. ‘Le Missioni Cattoliche’ dell’anno 1937:

Un giorno mirai ad un villaggio di battisti proprio al confine del distretto e andai a visitarlo. La prima volta ebbi accoglienza apatica. Accettarono le medicine, ma quando parlavo di religione erano sordi come un muro. Dopo alcuni mesi vi andai di nuovo: trovai migliore accoglienza; qualcuno mostrava anche delle velleità, ma trovavo grande ostacolo nelle donne, che non volevano saperne dì cambiare religione. Conosciuto il lato debole, preparai il mio piano. Vi andai la terza volta in compagnia di due catechisti. Dissi loro di trattare solo con gli uomini e di tralasciare le donne a cui avrei pensato io. In che modo? Di preciso non lo sapevo neppure io; confidavo in un aiuto speciale del Signore. Mi attirai dapprima le simpatie dei bambini ai quali distribuivo confetti in quantità; con tutte le donne fui generoso di medicine e consigli; quindi le feci radunare per sentire un mio discorsetto. Parlai per quattro ore consecutive; poi feci radunare i capi di famiglia. Altre due ore di conversazione terminata con questo bell’esito: tutti si fecero catecumeni.” (Le Missioni Cattoliche, 1937, p.238; in: F. Germani, P. Mario Vergara – Martire della Fede e della Carità in Birmania; P.I.M.E. Napoli 1987).

Molto probabilmente Le Missioni Cattoliche del 1937 e in particolare l’articolo di padre Mario Vergara, insieme con gli altri articoli precedenti dello stesso padre Vergara e di altri missionari suoi confratelli che parlavano della preparazione linguistica e antropologico-culturale del missionario in Birmania, erano tra le fonti e la documentazione di cui si servì la Enciclopedia dei ragazzi per la descrizione del ‘metodo’ di evangelizzazione missionaria degli anni ’40.
Se ciò è vero l’Enciclopedia dei ragazzi ha fatto scuola sulla ‘missione’ con l’insegnamento di un vero maestro di vita apostolica e di metodo missionario.


1 commento:

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